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Carbon e digital tax europea

Il Green Deal europeo prevede un percorso di sviluppo basato su innovazione ambientale e sostenibilità, e la risposta alla crisi da Covid-19 deve essere coerente a esso, oltre che di dimensione appropriata.
Serve quindi che l’UE conti su adeguate risorse nel proprio bilancio per farsi carico dei nuovi interventi.
Noi proponiamo di reperirle con queste misure:

  • Carbon tax europea sui prodotti energetici primari nei settori non già assoggettati al sistema di limitazione delle emissioni dannose al clima (ETS), e rafforzamento di quest’ultimo.
  • Trasferimento al bilancio UE dell’IVA su transazioni che coinvolgono più Paesi.
  • Trasferimento al bilancio UE dell’imposta sul reddito delle grandi aziende multinazionali, in particolare quelle che vendono servizi online.

Il testo della petizione

L’enorme impegno che l’Europa sta mettendo e metterà per assistere le economie degli Stati Membri in fase di Coronavirus difficilmente può avvenire senza un salto di qualità nella condivisione di politiche economiche o, selettivamente, di quelle dei settori verso i quali i trasferimenti comunitari si indirizzeranno di più. È inevitabile e ragionevole che se un Paese ricorre a finanziamenti esterni (sia nell’economia privata che in quella pubblica) debba anche concertare con il finanziatore le strategie di utilizzo delle risorse.
Un’Europa più solidale deve anche necessariamente evitare forme di arbitraggio controproducenti nelle regole soprattutto fiscali: i criteri di contribuzione devono essere omogenei, ed evitare che le imprese che possono minacciare di delocalizzare abbiano vantaggi a spese delle altre indipendentemente dalla propria capacità di contribuzione. Problema che è molto evidente soprattutto per le multinazionali globali, in particolare quelle che vendono servizi online, che sono più mobili e capaci di allocare gli utili dove questi sono tassati meno. L’interesse dei cittadini europei è che esse paghino il giusto e non finiscano per rinunciare a un dividendo fiscale a causa di un cabotaggio tra Stati semplicemente dovuto a mancata integrazione. E la strada più naturale per l’integrazione delle regole fiscali è proprio il trasferimento all’Europa di parte del gettito relativo ad aziende o transazioni internazionali: una governance europea per una questione sovranazionale.
In altri termini, un’Europa più capace di aiutarci è anche un’Europa più forte e integrata a partire dalle politiche economiche e fiscali, con un processo che veda aumentare il budget UE e l’armonizzazione, a fronte di devoluzione di alcune decisioni e attività da parte degli Stati Membri.
La crisi da Covid, a differenza di quella del 2008, non ha avuto tra le concause prezzi elevati del petrolio e delle energie fossili, anzi ne ha esacerbato il trend di calo di prezzo dovuto soprattutto all’emergere nell’ultimo decennio di nuova vastissima capacità estrattiva negli USA, Paese che è diventato il principale produttore e ha reso di gran lunga insufficiente la quota di mercato dell’OPEC ai fini del controllo dei prezzi.
Questo calo violento di prezzo iniziato il 9 marzo 2020 rischia di avere effetti geopolitici acuti rispetto a Paesi esportatori e molto indebitati ma è anche un’opportunità per affrontare anche in Europa il nodo della riforma delle accise sull’energia e dei sussidi al consumo di energie fossili (soprattutto in forma di esenzione dalle accise su prodotti energetici inquinanti) che sono uno dei veicoli di quella concorrenza fiscale distorta di cui sopra e hanno effetti di ritardo nell’innovazione ecologica: da un lato gli Stati investono in fonti energetiche rinnovabili, decarbonizzazione e efficienza energetica, dall’altro sussidiano il consumo di energia anche di origine fossile in modi più o meno palesi. Smettere di farlo non è facile per due motivi sostanziali:
Sussidi simili ci sono nelle principali economie manifatturiere e rendono una loro eliminazione unilaterale difficile da sostenere politicamente, nel brevissimo periodo, in termini di competitività.
I sussidi dannosi all’ambiente tipicamente sono motivati da politiche (di solito criticabili) di welfare o di competitività (anche se nel lungo termine hanno effetti dannosi sull’innovazione e quindi sulla competitività stessa) e quindi una loro riduzione provoca l’immediata sollevazione delle categorie interessate.
Il primo ostacolo può superarsi attraverso un’azione coordinata all’interno dell’UE (anche più in generale il G20 è impegnato in un lento processo di riduzione multilaterale dei sussidi dannosi), mentre il secondo è reso molto meno acuto dai prezzi bassi delle fonti energetiche fossili che stiamo sperimentando (i prezzi bassi compensano l’eventuale reintroduzione di livelli di fiscalità normale oppure la fine di sussidi diretti al consumo di quegli stessi prodotti energetici). Sempre in considerazione del secondo ostacolo, occorre associare ogni riduzione di spesa fiscale dannosa all’ambiente a meccanismi di salvaguardia che permettano ai soggetti ex beneficiari di continuare ad avere vantaggi per un certo periodo a fronte di azioni di ambientalizzazione o efficientamento dei loro consumi energetici.
A maggior ragione il momento è propizio per rafforzare e rendere resiliente ai cicli economici il meccanismo europeo ETS di disincentivo alle emissioni dannose per il clima.

* * *

Tutto ciò premesso chiediamo che siano lanciate nell’UE le seguenti misure in termini di fiscalità sui redditi delle grandi aziende internazionali e di fiscalità ambientale:
L’introduzione di una carbon tax europea, in alimentazione al bilancio dell’Unione, sui consumi di prodotti energetici primari nei settori esclusi dall’ETS associata a misure di tariffe alla frontiera necessarie a evitare il carbon leakage sui medesimi prodotti.
Una riduzione della quantità di allowance ETS emesse in asta che più che compensi la compressione dell’economia dovuta alla crisi, con devoluzione al bilancio UE dei maggiori introiti rispetto a uno scenario simulato sulla base delle attuali regole di allocazione
L’applicazione a tutte le transazioni in beni e servizi che coinvolgano due imprese o un consumatore e un’impresa residenti in due Paesi diversi di una aliquota IVA di base unica da corrispondere al bilancio comune dell’UE, ferma restando la libertà dei vari Paesi di mantenere una aliquota complessiva superiore a quella base.
La gestione europea e il trasferimento al bilancio dell’Unione dell’imposta sul reddito delle aziende multinazionali con fatturato sopra un determinato livello-soglia, in particolare quelle che vendono servizi online.

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