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SANZIONI PER CHI VIOLA DIRITTI E DEMOCRAZIA

 

I principi su cui si fonda l’Unione Europea – rispetto della dignità umana, delle libertà personali, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e della divisione dei poteri – sono assoluti e imprescindibili e solo gli Stati che li rispettano e si impegnano a promuoverli possono chiedere di fare parte dell’Ue. Tuttavia l’Unione non sembra avere strumenti adeguati a sanzionare i Paesi che non rispettano questi principi, come l’Ungheria o la Polonia, dovendo deliberare le sanzioni all’unanimità dei Paesi membri. Per questo chiediamo alle istituzioni europee di dotarsi di sistemi efficaci di contrasto e di dissuasione dalla violazione dei principi fondanti dell’Ue, che giungano a escludere i Paesi responsabili delle violazioni dal godimento di diritti e di benefici economici.

Il testo della petizione

«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini» così recita l’art. 2, caposaldo del Trattato sull’Unione Europea (TUE).

L’Unione riconosce anche «i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea … che ha lo stesso valore giuridico dei trattati. … L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali. … I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali» (Art. 6 del TUE).

L’Unione Europea non è solo uno spazio di libero mercato ma anche, e soprattutto, un patto fra democrazie liberali impegnate ad assicurare ai cittadini europei competizioni elettorali libere, informazione libera, rispetto delle minoranze politiche, equilibrio di poteri (check and balance), magistratura autonoma e indipendente, procedure trasparenti per la produzione di norme, lotta alla corruzione, difesa delle minoranze sociali; un argine e un presidio per prevenire il ritorno delle dittature, dei nazionalismi e dei sanguinosi conflitti fra Paesi appartenenti a un’unica famiglia continentale.

Non tutti i Paesi dell’Unione, tuttavia, rispettano sufficientemente questi principi: accade, come di recente in modo manifesto in Polonia e in Ungheria (ma anche a Malta, in Slovacchia, in Romania e in Slovenia), che Governi e Parlamenti di Stati membri approvino norme liberticide, limitative dei diritti di informazione, della indipendenza della magistratura, della libertà di espressione e di manifestazione, o restrittive dei diritti delle minoranze; oppure che non facciano abbastanza per combattere la corruzione e l’arbitrio da parte dei pubblici poteri.

È indispensabile che l’obbligo del rispetto dello Stato di diritto in tutti i Paesi dell’Unione sia effettivo e che sia pertanto garantito da un sistema efficace di sanzioni in caso di sua inosservanza.

Diversamente i cittadini dell’Unione che subiscono la violazione dei loro diritti fondamentali non sentirebbero la protezione che deve essere loro assicurata dall’appartenenza all’Europa. Ma occorre anche dirci che non avremo più un mercato unico senza una Unione Europea basata sul rispetto dello Stato di diritto e della democrazia: il mercato unico è infatti intimamente correlato alla cooperazione e alla integrazione politica fra i Paesi.

Tuttavia, oggi il Trattato sull’Unione individua un procedimento decisamente complesso (art. 7 TUE) per reagire alle violazioni gravi e persistenti dei valori dell’UE da parte di uno Stato membro, e occorre infatti l’unanimità del Consiglio europeo (ovviamente al netto del Paese interessato) per avviare un percorso che giunga a irrogare sanzioni nei confronti di uno Stato membro (come ad esempio la sospensione dei contributi economici o dei diritti di voto).

Questo complicato procedimento è stato già avviato dal Parlamento Europeo nei confronti dell’Ungheria, e dalla Commissione nei confronti della Polonia, ma si è sempre arenato di fronte alla impossibilità di conseguire l’unanimità del Consiglio, poiché Polonia e Ungheria hanno concordato di appoggiarsi vicendevolmente.

Occorre quindi modificare la disciplina del Trattato che prevede l’unanimità, rivelatasi inadeguata ad assicurare il rispetto delle disposizioni fondamentali del Trattato.

Molto sensibile alla necessità che i principi dello Stato di diritto siano rispettati dai Paesi membri si è rivelata la Corte di Giustizia, cui si è spesso rivolta la Commissione europea – con la procedura di infrazione di cui all’art. 258 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) – denunciando alcuni Stati Membri per violazione del «principio di leale cooperazione» (oggi presente all’art. 4.3 TUE) che impone a tutti i Paesi di adottare «ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione … di facilitare all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione».

La Corte di Giustizia ha assunto, anche di recente, diverse importanti decisioni con cui ha dichiarato contrarie a norme e principi dell’Unione leggi discriminatorie o liberticide di alcuni Stati membri (come il rifiuto dell’Ungheria di accogliere migranti e il tentativo del Governo polacco di assoggettare al controllo politico la magistratura).

Occorre quindi incoraggiare la Commissione e sollecitarla ad aprire procedure di infrazione davanti alla Corte di Giustizia nei confronti degli Stati membri che non rispettano lo Stato di diritto.

Recentemente la Commissione europea (invitata dal Parlamento Europeo a individuare strumenti efficaci per assicurare il rispetto della Rule of law) ha proposto un “Regolamento sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri”. La proposta prevede che la Commissione possa sospendere l’erogazione di fondi, contributi o sostegni agli Stati membri che violino i principi dello Stato di diritto, sul presupposto che se un Paese non rispetta i principi fondamentali dell’Unione allora i fondi non saranno ben spesi, sicché la loro sospensione può concorrere o costringerli al ripristino dei principi democratici. Si tratta di una proposta che potrebbe rivelarsi molto efficace soprattutto se si considera che i Paesi che tendono a ribellarsi agli istituti della democrazia liberale sono quelli che fanno maggior uso dei fondi comunitari.

Occorre quindi incoraggiare l’approvazione del “Regolamento sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri” proposto dalla Commissione.

Il Parlamento europeo, inoltre, da tempo insiste per la istituzione di un “Meccanismo globale, obiettivo e permanente per monitorare, proteggere e migliorare la democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto in tutti gli Stati membri”, sul presupposto che Stato di diritto, democrazia e diritti fondamentali formino un rapporto triangolare, rafforzandosi l’un l’altro e salvaguardando insieme la base costituzionale dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. In particolare, il Parlamento chiede con forza che sia adottato fra Commissione, Consiglio e Parlamento un «accordo interistituzionale vincolante» (ex art. 295 del TFUE) che declini modalità puntuali di attuazione del “Meccanismo” nell’Unione.

Del resto, è completamente irragionevole che l’Unione Europea pretenda dai Paesi che chiedono di aderirvi di elevare gli standard democratici e non si preoccupi di sanzionare i Paesi che, una volta entrati nell’Unione, invece di consolidarli li abbassano.

Il Parlamento vorrebbe che il meccanismo incorporasse e integrasse anche la procedura di «valutazione tra pari» (prevista dall’art. 70 TFUE) vertente sul “Meccanismo dello Stato di diritto europeo” che la Commissione europea ha avviato nel febbraio 2020 e che prevede un esame della situazione di ciascuno Stato membro sui temi della corruzione, del pluralismo nei mezzi di comunicazione e delle questioni istituzionali riguardanti l’equilibrio dei poteri (check and balance).

Occorre pertanto sostenere il Parlamento Europeo (non per caso la sola istituzione dell’Unione che poggia direttamente su basi democratico-rappresentative) nella sua azione di pressione verso la Commissione e il Consiglio affinché il “Meccanismo globale” sia approvato e reso funzionante.

* * *

Tutto ciò premesso, chiediamo che

  • l’obbligo del rispetto dello Stato di diritto in tutti i Paesi dell’Unione sia effettivo e sia garantito da un sistema efficace di sanzioni in caso di inosservanza;si pervenga alla modifica del par. 2 dell’art. 7 del Trattato sull’Unione Europea laddove prevede l’unanimità ai fini della costatazione della esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di libertà, democrazia e rispetto dello Stato di diritto cristallizzati all’art. 2 del Trattato;
  • la Commissione europea si avvalga senza esitazioni del potere di aprire procedure di infrazione davanti alla Corte di Giustizia nei confronti degli Stati membri che non rispettano lo Stato di diritto;
  • siano al più presto approvati il “Regolamento sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri” proposto dalla Commissione e il “Meccanismo globale, obiettivo e permanente per monitorare, proteggere e migliorare la democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto in tutti gli Stati membri” proposto dal Parlamento Europeo, comprendente un accordo interistituzionale ex art. 295 TFUE.
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